12.1.09

Sciopero generale del 12/12


FACCIAMO IN MODO CHE IL 12 DICEMBRE SIA UN PASSO ULTERIORE VERSO UNA VERTENZA GENERALIZZATA E CONTINUATIVA CONTRO GOVERNO E PADRONI !

Questo sciopero si svolge in un clima movimentato a livello Italiano, e molto movimentato a livello internazionale, un clima segnato da una raffica di mobilitazioni e di lotte.

In Francia: scioperi della scuola e sciopero generale previsto a gennaio contro il piano anti-crisi di Sarkozy; in Spagna: mobilitazioni degli studenti contro la riforma della scuola di Zapatero (22/10 e 13/10) e mobilitazione degli operai del settore automobilistico; in Germania: la pressione delle tute blu obbliga IG Metal a convocare uno sciopero agli inizi di novembre cui hanno partecipato mezzo milione di operai (aumenti salariali richiesti, in un settore di massima crisi: + 8%); in Irlanda: manifestazioni degli insegnanti, con 70.000 persone in piazza, contro i tagli alla scuola, il 6/12; in Argentina: scioperi tra i metalmeccanici (General Motors a Rosario, Iveco-Fiat e altre industrie automobilistiche a Cordoba) contro esuberi e licenziamenti. Negli USA, dove la crisi si fa ogni giorno più forte, la fabbrica “Republic Windows & Doors” di Chicago è stata occupata dal 5 dicembre per esigere il pagamento degli arretrati. Gli operai, con lo slogan “i lavoratori uniti non saranno mai sconfitti”, riscoprono uno strumento di lotta – l’occupazione – sostanzialmente dimenticato dalla classe operaia USA dopo i grandi scioperi degli anni Trenta. E, alla fine di questa breve e incompleta “carrellata”, in Grecia: dopo gli scioperi generali (ricordiamo quello enorme del 23 ottobre) e le manifestazioni degli ultimi anni contro la riforma delle pensioni, contro la privatizzazione della previdenza e dei servizi e contro la riforma scolastica, la temperatura dello scontro di classe si è fatta sempre più alta. È scesa in campo tutta la gioventù operaia e studentesca (la “generazione dei 700 euro”), fronteggiata dalla repressione della polizia e da un'ondata di arresti. Di fronte al brutale assassinio politico del quindicenne Alexis Grigoropoulos – assassinato per mano della polizia – la reazione popolare è stata durissima: scontri con le forze dell’ordine in tutta la Grecia, che oggi è in fiamme, e non solo simbolicamente: lo sciopero generale del 10 dicembre esige le dimissioni del Governo.

Anche in Italia, come diciamo più diffusamente nell’ultimo numero del nostro giornale, “Classe contro Classe”, sono scesi in campo molti comparti del mondo del lavoro e della società, come espressione del malcontento esistente e diffuso nei confronti della politica del Governo e dell’offensiva che Confindustria intende portare avanti, oltre che di una generale e perdurante sfiducia.

La crisi e l'esplosivo malcontento sociale spingono le direzioni sindacali a reagire preventivamente

Bisogna essere chiari: questo quadro di mobilitazioni sociali (riportato in modo incompleto e non certo esaustivo) deve essere letto e può essere compreso, nel suo reale significato e nei suoi sviluppi futuri, solo a partire dalla crisi economica e quindi sociale che nel concreto delle fabbriche, dei posti di lavoro e dei servizi pubblici sta manifestando tutta la sua nefasta esplosività. Queste mobilitazioni sono l’”anticipo” di una escalation di lotte che i lavoratori di tutti i paesi saranno costretti ad intraprendere sotto i colpi della crisi.

Solo su questa base possiamo rispondere efficacemente alla domanda: qual è – da noi in Italia – la situazione attuale delle mobilitazioni, quali sono le spinte reali che hanno portato a questo “duplice” sciopero generale del 12 dicembre? E, soprattutto, quali saranno gli scenari futuri e i compiti che abbiamo davanti?

Sullo sciopero della CGIL, di cui si sono dette e scritte tante cose, è necessario ribadire che il fattore più importante per spiegare questo sciopero e l’intero quadro di scioperi e mobilitazioni dei vari settori, (ed anche, per vie diverse, delle straordinarie mobilitazioni del movimento degli studenti) sta appunto nella spinta oggettiva data dalla crisi e dal malcontento sociale. Questa spinta ha indotto (e in una certa misura costretto) la burocrazia sindacale, in primis le Direzioni della CGIL, a muoversi “preventivamente”.

Questo è il primo motivo, al di là di quelli (veri ma secondari) che spiegano tutto solo attraverso lo scontro politico tra correnti dentro il sindacalismo confederale e all’interno della stessa CGIL, o attraverso la dialettica politica e i reciproci posizionamenti del movimento degli studenti, dei confederali e dei sindacati di base. La CGIL oggi si muove soprattutto perché non può permettersi di rischiare di perdere il controllo della situazione, perché deve evitare che si sviluppi un reale scontro sociale e quindi deve svolgere – in maniera preventiva e anticipata – il ruolo di collettore e di fattore di incanalamento della rabbia sociale. Una rabbia che comincia a fare capolino nell’ondata attuale di scioperi, manifestazioni, vertenze e lotte.

Non è dunque una coincidenza che tutta la situazione internazionale, a diversi livelli, veda coinvolte nelle lotte anche (e talora soprattutto) le principali confederazioni sindacali dei vari paesi: questi sindacati sono tanto concertativi quanto la CGIL e soci “di casa nostra”. Negli scorsi anni, per esempio, sono state corresponsabili delle controriforme anti-operaie e anti-popolari varate sia dai Governi di centro-sinistra (con l’appoggio in Francia e in Italia, ad esempio, dei cosiddetti comunisti) sia da quelli di centro-destra, o hanno sempre fatto di tutto, costantemente, per imbrigliare, controllare e depotenziare le lotte.

Unificare le vertenze e le mobilitazioni dal basso, l’unico modo per non fare il gioco di Epifani

Qual è quindi la strategia migliore per non fare il gioco della CGIL, che è stata corresponsabile delle controriforme in Italia negli ultimi anni, e che solo un anno fa ha appoggiato la micidiale controriforma del protocollo Damiano attuata dal governo Prodi-D’Alema-Ferrero?

Non pensiamo che passi attraverso la partecipazione acritica alla mobilitazione della CGIL, o magari appoggiando qualche presunta “ala sinistra” del sindacato come la direzione della FIOM o della Rete 28 aprile. Non passa nemmeno attraverso la scelta, fatta da RdB, di non chiamare alla mobilitazione perché la CGIL quel giorno scende in piazza; e neanche attraverso l’appello a manifestare in una piazza alternativa come il 12 farà la maggior parte delle organizzazioni del sindacalismo di base.

Pensiamo che passi per la capacità di porre concretamente, a settori di lavoratori più vasti di quelli normalmente toccati dal sindacalismo di base, il problema dei contenuti, delle piattaforme. E pensiamo che per fare questo sia necessario porre anche un problema di metodo, di costruzione delle vertenze, delle mobilitazioni e degli scioperi. È necessario unificare tutte queste vertenze e queste mobilitazioni, unificarle dal basso, e per farlo bisogna intervenire all'interno di queste lotte, per come si presentano nella realtà e non solo se rispondono ai nostri desideri, non solo se sono dirette dal sindacalismo di base.

È un errore gravissimo ignorare il malcontento espresso da ampi settori di lavoratori solo perché mobilitati sotto le bandiere della CGIL. Lo diciamo chiaramente, pur essendo compagni che – nel concreto – militano tutti dentro le fila del sindacalismo di base. Manifestare, come fa il sindacalismo di base, in due piazze separate di per sé non incrina minimamente l’egemonia della CGIL, anzi le lascia – non solo in piazza ma sui posti di lavoro – uno spazio politico non conteso. Si lascerebbe fare ad Epifani, indisturbato, quello che ha fatto Cofferati tra il 2001 e il 2004, ossia cavalcare l’ondata di mobilitazioni per meglio canalizzarle e per meglio preparare il terreno all’Unione e successivamente al governo Prodi-D’Alema-Ferrero.

Il problema concreto da porsi è allora: come rimettere in discussione l’egemonia ideologica e reale della direzione della CGIL su questi settori? Per farlo è necessario dare battaglia politica, ovunque sia possibile. È necessario lavorare per fare emergere le contraddizioni tra le spinte dei lavoratori e la direzione verso cui le porta la CGIL, fare emergere queste contraddizioni sui luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, e nelle piazze, senza fuggire ma imponendo il confronto e lo scontro. Siamo noi ad avere interesse a fare chiarezza, e non la direzione della CGIL. Siamo noi che abbiamo interesse a che i lavoratori si confrontino e si scontrino sulle varie posizioni e le varie opzioni politiche.

Per andare in quella direzione, sarebbe compito del sindacalismo di base e di tutte le organizzazioni che si collocano su un terreno classista e combattivo, a cominciare dalla sinistra antagonista, creare le condizioni per l’unificazione dal basso della mobilitazione e costruire una grande assemblea nazionale operaia e studentesca, basata su delegati eletti democraticamente e revocabili, capace di porre le basi di una direzione alternativa che sia in grado di contendere alla burocrazia sindacale la sua egemonia, per portare avanti lo scontro sociale e far sì che la crisi la paghino padroni e governi.

· Contro il divisionismo, per l’unificazione dal basso di tutte le mobilitazioni e di tutte le vertenze in atto!

· Per un programma d’emergenza operaia per rispondere alla crisi, da discutere e adottare in assemblee di base trasversali!

· Per un’assemblea nazionale operaia e studentesca per discutere delle misure di forza da prendere per portare avanti lo scontro sociale e far sì che la crisi la paghino padroni e governi!

· La Grecia non è che l’inizio della rivolta: Alexis Grigoropoulos è vivo e lotta insieme a noi.

Roma, 12/12/08

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