12.1.09

Da Castelvolturno a Milano, viva la "banlieue" (30/09/08)



reazione degli immigrati alla xenofobia di Stato della borghesia imperialista italiana,
dei suoi sicari mafiosi, bottegai leghisti e poliziotti razzisti


da Castelvolturno a Milano: viva la “banlieue”!!!

I sicari delle cosche mafiose e dei caporali del casertano sparano. I bottegai leghisti ammazzano a sprangate al grido di «negro di merda», senza che si parli di razzismo. La polizia, affiancata dai militari che ormai pattugliano le strade e sorvegliano i CPT, reprime ed espelle. Di fronte a un crimine razzista e a una strage di stampo xenofobo, gli immigrati del casertano e quelli di seconda generazione di Milano hanno reagito in maniera inequivocabile.
Quanto è accaduto a Milano e a Castelvolturno, quasi contemporaneamente, non è nient’altro che una delle tante espressioni della forma di dominio della borghesia italiana. Sia il commerciante di panini del Nord Italia sia il commerciante di droga del Mezzogiorno hanno ribadito di voler essere «padroni a casa loro»; così come ogni giorno i caporali e i padroncini (grandi e piccoli) sfruttano fino alla morte i lavoratori immigrati, a un prezzo ancora più basso dei proletari italiani, mantenendoli in una posizione di subalternità legale funzionale ai loro interessi.
Altrettanto inequivocabile è stata la risposta del governo. Dire che l’arrivo al potere del centro-destra (quella dei ministri che portano i maiali davanti alle moschee o fanno apertamente l’elogio dei repubblichini, per capirci) rinfocoli il clima di razzismo rampante in Italia è un’ovvietà. È altrettanto vero però che, in questi primi mesi di governo, Berlusconi ha ripreso in chiave apertamente reazionaria gran parte dell’orientamento anti-proletario, razzista e imperialista portato avanti durante più di venti mesi dal governo Prodi-D’Alema-Ferrero, con il sostegno della «sinistra radicale». Da maggio in poi il Governo ha rafforzato i provvedimenti varati in passato da Prodi: ha esteso lo stato d’emergenza a tutto il territorio nazionale per “risolvere il problema immigrati”, ha votato il “pacchetto sicurezza” che Amato non era riuscito a fare passare. Solo a questo punto, PdL e Lega hanno imposto leggi razziali come quella delle impronte digitali per i bambini Rom. Di fronte a quanto è accaduto a Castelvolturno, Maroni ha risposto, all’unisono con il governo, mandando truppe nel Casertano e chiedendo maggiore fermezza nei confronti degli immigrati.

La questione “immigrazione” e gli interessi della borghesia
In un contesto di acutizzazione della crisi, come quello che stiamo vivendo, non possiamo che aspettarci un rafforzamento degli attacchi nei confronti dei lavoratori immigrati, delle loro famiglie e dei loro figli, che peraltro in Italia non sono neanche considerati cittadini di seconda categoria, come avviene nella Francia di Sarkozy, poiché non hanno automaticamente accesso alla cittadinanza nonostante siano nati in Italia. Questo attacco è uno strumento specifico di quello più generale perpetrato contro tutti i lavoratori. Se il rapporto di forze politico e sociale rimanesse immutato, gli immigrati si troveranno sempre di più sotto il fuoco di un’offensiva, diretta e indiretta, promossa dalla classe dominante e del suo governo: razzismo e xenofobia, islamofobia e propaganda anti-Rom, squadrismo di stampo fascista e retate della polizia, il tutto nel quadro di una politica istituzionale governata dalle leggi razziste varate negli ultimi anni dal centro-sinistra come dal centro-destra (leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini in particolare), leggi che il governo Prodi si è ben guardato dal modificare.
In concreto, mantenere aperto il “problema immigrati” è funzionale agli interessi della borghesia perché mantiene in uno stato di ricattabilità una fetta sempre più consistente del proletariato, aggravando l’atomizzazione della nostra classe fra disoccupati e lavoratori attivi, precari e stabilizzati ecc. Al contempo, permette di scaricare di volta in volta il malessere sociale in modo reazionario, demagogico e razzista.

La risposta delle banlieues di Milano e di Castelvolturno
Dopo i pogrom perpetrati a partire dagli assalti ai campi nomadi di Ponticelli e dopo lo squadrismo di stampo fascista che ha colpito a maggio di quest’anno commercianti bengalesi e indiani a Roma, la risposta politica dell’avanguardia di classe non è stata all’altezza della situazione, lasciando il campo a Veltroni che, all’epoca, si presentava come fautore di una politica bipartisan (quando gli esponenti del PD di Ponticelli chiamavano a bruciare i campi), mentre CGIL-CISL-UIL proseguivano un dialogo nefasto per noi lavoratori con il governo. Questa volta però la risposta è stata diversa, molto più chiara e massiccia.
Malgrado lo sciacallaggio della stampa che si interrogava su quanti ghanesi di Castelvolturno fossero dei trafficanti (e di conseguenza se la fossero cercata), gli immigrati hanno reagito duramente, innalzando barricate e scontrandosi con la polizia. Mentre i fratelli di quei braccianti, che sono l’asse portante dell’industria agricola campana, si ribellavano a Castelvolturno, si manifestava a Milano per ricordare Abba. Anche lì, in prima fila, si trovavano i fratelli e i figli di quegli immigrati che nell’ultimo periodo sono stati alla testa di alcuni dei conflitti sociali più rilevanti del Milanese, dal conflitto dell’Ortomercato a quello delle cooperative appaltate da DHL, ditte in cui lo sfruttamento del lavoro ricorda, sotto molti aspetti, il caporalato nel Mezzogiorno.

Antirazzismo alla Obama o antirazzismo vero, cioè classista, anticapitalista e antiimperialista?
L’apparizione di un nuovo protagonismo politico dei figli e delle figlie delle “banlieues” italiane è un elemento estremamente positivo. Non è però privo di limiti, quegli stessi limiti che affrontano anche i proletari italiani quando cominciano a ribellarsi. Pone il problema, al di là della difesa dei diritti specifici degli immigrati, dello sbocco politico di questo “risveglio” degli immigrati e la questione di un’alleanza di classe capace di rovesciare l’attuale rapporto di forze favorevole alla borghesia e basato anche sul razzismo e la xenofobia.
I settori più lungimiranti della borghesia sanno benissimo che l’esplosività del “problema immigrazione/razzismo” è potenzialmente pericoloso per la stabilità sociale. Lo stesso Sarkozy, ministro degli Interni durante la rivolta delle banlieues francesi, si è fatto portavoce dell’affirmative action di fronte ai settori più retrogradi della politica francese, arroccati al giacobinismo universalista repubblicano; entrambe le opzioni non sono altro che la copertura di un razzismo istituzionalizzato funzionale all’assetto del dominio imperialistico della “patria dei diritti umani”. In questo senso, Obama non è certo l’alleato dei latinos che raccolgono gli agrumi in Florida, degli afro-americani sfrattati dalle loro case e, ancora meno, di chi resiste a Kabul o a Bagdad. È invece l’esempio più lampante di cosa voglia dire “antirazzismo” per i settori più “avanzati” della borghesia.

Lavoratori italiani e immigrati, stessi padroni, stessa lotta!
Che dalla ribellione di Milano e di Caserta emergano tendenze radicali e classiste, che la combattività dei figli e delle figlie delle banlieues italiane non venga strumentalizzata da associazioni laiche o religiose, mediatori culturali filo-istituzionali che si candidano a fare da ponte fra le comunità straniere e la borghesia italiana, dipende in gran parte dalla capacità dell’avanguardia di classe italiane combattere la xenofobia istituzionalizzata e le politiche estere imperialistiche della propria borghesia sulle quali fa leva il razzismo.
I responsabili della radicalizzazione delle tendenze reazionarie e razziste all’interno della classe operaia italiana, come hanno dimostrato le precedenti elezioni, sono da cercare anche nella politica collaborazionista e subordinata delle direzioni delle confederazioni sindacali che, invece di dare uno sbocco sociale al malessere latente, hanno coperto le politiche anti-proletarie e imperialistiche di Prodi. Da loro dipende anche lo stato di disgregazione esistente all’interno della nostra classe fra lavoratori italiani e stranieri, comunitari ed extracomunitari, condizione sulla quale fa leva la borghesia.
In questo quadro, sarebbe compito di tutte le organizzazioni sindacali e politiche combattive e classiste, a cominciare dal sindacalismo di base e da quei settori che dicono di voler offrire una prospettiva alternativa al dialoghismo di Epifani, dare una prospettiva unitaria alle diverse lotte e vertenze attualmente aperte, facendosi promotrici di una battaglia intransigente e incondizionata contro il razzismo e per la difesa dei diritti specifici degli immigrati, a cominciare dalla lotta per il permesso di soggiorno e di lavoro automatico per chi arriva sul territorio italiano, dalla concessione di pari diritti per i lavoratori immigrati e italiani, dalla chiusura dei CPT, dalla concessione automatica della cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia, dal diritto alla casa per tutti, dalla fine delle campagne razziste istituzionali contro gli immigrati in generale (Rom e musulmani in particolare) e dall’abolizione di tutte le leggi razziste varate negli ultimi anni (Turco-Napolitano e Bossi-Fini).
Questa è l’unica strada per dar seguito a quanto è stato varato dall’Assemblea del sindacalismo di base di Milano lo scorso 17 maggio, in cui si è anche votata una mozione specifica sulle questioni del razzismo e dell'immigrazione. Solo la costruzione di un movimento dal basso, autorganizzato e democratico, che esiga il fronte unico da tutte quelle organizzazioni che dicono di volersi schierare contro la politica di Berlusconi e della Confindustria, e che includa l’opposizione alla politica interna xenofoba e alla politica estera imperialistica, è capace di creare le condizioni di un rapporto di forze favorevole alla nostra classe. Poiché l’attacco ai lavoratori immigrati, alle loro famiglie e ai loro figli è un attacco indiretto contro tutti noi, lavoratori e giovani italiani, che prepara il terreno a un’offensiva maggiore da parte della borghesia allo scopo di scaricare sulle nostre spalle il costo della crisi, ribadiamo la parola d’ordine che dovrebbe accompagnare tutte le mobilitazioni sociali che si annunciano e a cui dovremmo dare seguito nei prossimi mesi:


Lavoratori italiani e immigrati, stessi padroni, stessa lotta!
Travailleurs italiens et immigrés, mêmes patrons, même combat!
¡ Nativa o extranjera, la misma clase obrera !
Italian and Immigrant workers, same bosses, same fight!
العمال الايطاليين و العمال المهاجرين.
لنكافح معا لبناء اتحاد الطبقات العامله ، من اجل حقوقنا،ولمكافحة العنصريه.

COLLETTIVO COMUNISTA DI VIA EFESO-ROMA info@viaefeso.org
Roma, 30/09/08, fotinprop Via Efeso 2a

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