12.1.09

Contratto metalmeccanici. Una nuova stangata per i lavoratori siglata dalle burocrazie sindacali (15/03/08)

Contratto metalmeccanici.
Una nuova stangata per i lavoratori siglata dalle burocrazie sindacali.

Da sempre i rinnovi contrattuali formalizzano lo stato dei rapporti di forza tra le parti, i lavoratori da un lato e il padronato dall’altro. Per lungo tempo questo rapporto di forza è progressivamente peggiorato a sfavore dei lavoratori e, di conseguenza, le condizioni sancite dagli ultimi rinnovi sono pessime.
L’assenza di un reale punto di vista rivoluzionario, la scarsa credibilità di molte esperienze “di base”, l’egemonia che la borghesia, attraverso i sindacati confederali e i diversi finti antagonisti (PRC, PdCI ecc.), ancora mantiene su vasti settori di proletariato, oltre alla scarsa capacità di organizzarsi al di là delle pastoie sindacali, hanno permesso agli interessi padronali di compiere notevoli progressi. Il contratto del 20 gennaio manifesta ancor più pesantemente una consistente riduzione del potere d’acquisto dei salari e le pessime condizioni di lavoro cui siamo sottoposti, ponendoci in una situazione sempre più drammatica.
Scorrendo i dati ISTAT sull’incremento generale dei prezzi, possiamo notare che c’è un aumento del 5% (+0.5% a gennaio) rispetto all’anno passato non “coperto” dal dato economico. Si tratta dell'incremento più alto dal 1996. In particolare, aumentano i prodotti alimentari, lavorati e non, che superano agevolmente il +5%.

Incremento dei principali beni di consumo alimentari
· cereali +9,3%
· pane +12,5%
· pasta +14,4%
· formaggio e uova +7,3%
· latte +10%
· carne +3,7%
Sempre in relazione al dato economico, in quest’occasione sindacato e confindustria hanno pensato bene di impostare il parametro di riferimento contrattuale non più sul 3°, quello più diffuso nella categoria, ma sul 5° livello per meglio mascherare l'assoluta inadeguatezza dei salari rispetto agli attuali livelli di inflazione. Il contratto prevede:
l 127euro lordi al 5°livello su 30mesi;
l 91 euro lordi per il 4° livello su 24 mesi;
l 87 euro lordi per il 3° livello su 24 mesi.

Inoltre, quegli elementi che vengono presentati dai sindacati come conquiste in realtà celano un'ulteriore riduzione del costo del lavoro:

· falsa parificazione operai/impiegati con l'introduzione del conteggio su base mensile già in uso per gli impiegati. Con il passaggio alla “mensilizzazione”, anche per gli operai la retribuzione verrà calcolata in base allo stesso numero di ore (173), a prescindere dalla durata effettiva del mese (28, 29, 30 o 31 giorni del mese) e dalle giornate festive infrasettimanali. Questa nuova modalità sarà solo parzialmente compensata da un superminimo individuale non assorbibile pari a 11 ore e a 10 di retribuzione, corrisposto nella retribuzione del mese di dicembre di ciascun anno. Peraltro questo riguarderà solo gli operai assunti prima del rinnovo e non i neoassunti, con una perdita totale del monte ore;
2009
30 ore circa
meno 11.10
19 ore circa
2010
23 ore circa
meno 11.10
12 ore circa
2011
16 ore circa
meno 11.10
5 ore circa
2012
23 ore circa
meno 11.10
12 ore circa
· modifica del conteggio delle ferie. In sostanza, a fronte di un 1 giorno in più di ferie se si sono raggiunti i 10 anni d’anzianità aziendale consecutiva, con la possibilità di ottenerne 5 per quelli che matureranno i 18 anni, viene scalato da subito uno di PAR. In altre parole, per ricevere un giorno in più (forse!) tra 10 anni ne viene scalato uno oggi;
· per il conteggio degli arretrati relativi al periodo di vacanza contrattuale sono stati accettati solo 267 euro complessivi uguali per tutti i livelli, che, come sopra indicato, non coprono neppure l’incremento dei prezzi per il periodo trascorso.

Nella vertenza, altro grosso elemento di rivendicazione da parte dei lavoratori, soprattutto in relazione alla lotta alla precarietà e per la riduzione degli orari, era la sicurezza. Viceversa, il contratto non solo lo ha del tutto ignorato ma per certi versi ha introdotto condizioni peggiorative anche su questo fronte: minori limiti all’uso dei contratti precari, con la totale esclusione del dato sul termine, da fissare, e con l'innalzamento del “termine” fino a 44 mesi (quasi 4 anni!), per di più circoscritto ai lavoratori che le aziende dovessero mantenere inquadrati in una stessa mansione senza interruzioni, con l'esclusione degli interinali. L'obiettivo è chiaramente quello di costringere i lavoratori ad accettare pessime condizioni dal punto di vista della sicurezza per il miraggio dell’assunzione; nei fatti, incrementerà ulteriormente la possibilità da parte dell’azienda di tenerli sulla corda, ponendoli sotto ricatto per un periodo di 4 anni. Un eventuale prolungamento dell’impiego di tali forme, inoltre, determinerebbe anche il vantaggio per il padronato di abbattere i costi degli eventuali turnover, operazione che può determinare costi di formazione. In ultimo, scompare del tutto la questione del tetto massimo per il numero di precari e/o, in mancanza di questo, almeno la creazione di una sorta di bacino preferenziale che in molte situazioni di lotta alla precarietà era stata indicata al fine di contenere le forme più becere di clientelismo.

Sicurezza
Contro ogni evidente escamotage utilizzato per negare la relazione diretta tra orario di lavoro e mortalità, i dati (anche solo di quest’ultimo periodo) dimostrano la diretta relazione tra ritmi/tempi di lavoro e incidenti. Esempi ne sono la TyssenKrupp, il porto di Genova o Molfetta, dove già nelle dichiarazioni dei colleghi delle vittime emergeva come gli operai lavorassero in orari estesi all’inverosimile; nel caso di Molfetta, poi, non c’era tempo per applicare le normative di sicurezza! Alla luce di questi fatti, i prolungamenti d’orario previsti dal contratto, vincolati solo alla monetizzazione, sarebbero ridicoli se non fossero criminali.
Conteggio annuale riguardante i prossimi 4 anni, da cui risulta una perdita di ore retribuite.

Il nuovo contratto prevede rispetto all’orario:
· aumento dello straordinario comandato di 8 ore e possibilità da parte dell’azienda di monetizzare una giornata di permesso collettivo, impedendo in sostanza ai lavoratori di usufruirne;
· estensione della possibilità di richiedere l'orario plurisettimanale dalle sole aziende con attività stagionali a tutte le aziende facenti parte del comprato, senza distinzione alcuna;
· possibilità di trasformare le 64 ore precedentemente inquadrate come flessibilità in ore di straordinario aggiuntivo, attraverso “accordi” con le Rsu.

La parte più strategica del rinnovo riguarda la riduzione del margine d’azione del CCNL a vantaggio della contrattazione di 2° livello. In sostanza, da un lato si accentua la volontà di vincolare gli aumenti all’incremento della produttività, dall’altro si frantuma sempre più il potere contrattuale del fronte operaio.
I SI sono stati 385.267 (il 74,86% dei voti validi);, i NO 129.401 (il 25,14%); 7.723 le schede bianche mentre quelle nulle sono 3.009. Questi dati si riferiscono a un totale di 525.325 votanti (il 61,47% dei lavoratori coinvolti dal referendum in 9.339 aziende).Confindustria ed entrambi gli schieramenti parlamentari, se mostrano preoccupazione per l’estrema riduzione del potere d’acquisto dei salari italiani rispetto a quelli di buona parte d’Europa, inneggiano nel contempo alla contrattazione di 2° livello come a una panacea. Così facendo, nascondono le loro responsabilità al riguardo e legano i salari a un'ulteriore accelerazione dei tempi di lavoro. Questo accade laddove esiste la possibilità di contrattare anche sul 2° livello, ma nella stragrande maggioranza dell’industria italiana questa integrazione è pressoché inesistente e viene vissuta come una sorta di “regalia” che l’azienda concede, spesso nella misura di una bassa conflittualità. In sostanza, questa parte svincolata dal CCNL è utilizzata dal padronato come la “carota per il somaro”, una carota a cui il somaro non arriva mai, in quanto nella realtà dei fatti, attraverso questi meccanismi, l’azienda riduce i costi del CCNL e scarica quelli della concorrenza nazionale e internazionale sui propri lavoratori. L’accentuazione del processo di fidelizzazione agli interessi della propria azienda, attraverso il miraggio di un salario che riesca anche solo ad avvicinarsi all'aumento del costo della vita, pone il lavoratore in una condizione di crescente ricattabilità, che spesso lo costringe a rinunciare ai diritti più elementari, anche a quelli che in alcuni casi potrebbero salvargli la vita.
Sempre nell’ottica di un indebolimento del CCNL è l’allungamento della durata del contratto, che passa in sostanza a 30 mesi. Tra l'altro, in termini proporzionali ciò determina una diminuzione reale dell’incremento economico attuale, mentre in termini assoluti apre la strada a una potenziale opportunità di risparmio per il padronato, proprio alla luce di come vengono coperti i periodi di vacanza contrattuale.Un discorso a parte merita il referendum, tra l’altro in campagna elettorale. Per una vertenza che ha comportato manifestazioni, blocchi spontanei di autostrade e ferrovie in tutto il paese e più di 60 ore di sciopero, chiudere con quei livelli e quella piattaforma salariali è evidentemente insoddisfacente se non uno schiaffo all'intera classe dei lavoratori. I sindacati confederali, che fin dalla prima ora hanno presentato il CCNL come il migliore possibile, hanno finto come al solito di sottoporsi al giudizio dei lavoratori attraverso il referendum contrattuale che, come era evidente già prima della proclamazione dei risultati, si è concluso con una vittoria del SI al 75%; questo non per una volontà operaia ma per gli ormai noti brogli elettorali. A prescindere dal fatto che in moltissime aziende non vi è stata alcuna traccia della consultazione; a prescindere dalle dichiarazioni rilasciate dai “paladini del fronte del NO” interni al sindacato confederale mentre svolgevano un'azione di pompieraggio durante le lotte che hanno portato al rinnovo; a prescindere dal fatto che il Comitato Centrale della FIOM ha accettato l'accordo con 103 sì, 12 no e 5 astenuti (ossia quella parte della CGIL,la FIOM, alla quale tanti compagni guardano come a un baluardo operaio, dimenticando troppo spesso chi la manovra), a qualunque persona di buon senso risulterebbe a dir poco curioso un simile risultato plebiscitario, se non si trattasse di un referendum sindacale sul contratto…

Il risultato del referendum in alcune grandi fabbriche (vedi tabella) dove il NO ha prevalso in maniera inequivocabile è comunque per certi versi confortante e, al di là del dato oggettivo, dimostra anche che i referendum sindacali sono tutt’altro che una reale consultazione democratica.
· CARROZZERIE di Mirafiori Torino: 1973 votanti (il 35% degli aventi diritto); 1255 no (63,6 %) e 692 sì (35 %); bianche e nulle 1,33%;
· MECCANICHE di Mirafiori Torino: 1285 votanti aventi diritto; 679 votanti; 348 no, 316 sì, 3 bianche e 12 nulle;
· IVECO Torino: 1024 no e 934 sì;
· SEVEL SPA. − Atessa: votanti 2799 su 6355; 1946 no e 805 sì; bianche 20, nulle 28;
· ELECTROLUX − Solaro (MI): 1352 aventi diritto, 627 votanti; 347 no, 257 sì, 13 bianche o nulle;
· NEW HOLLAND Modena: votanti 695; no 489, sì 191, bianche o nulle 15;
· FRANCO TOSI MECCANICA LEGNANO: votanti 342; no 135, sì 203, bianche o nulle 4;
· SISME Como: votanti 510; no 257, sì 225, bianche o nulle 38;
· Consorzio Pichi Chivasso (Ex Lancia) (TO) − votanti 288 su 505Si al CCNL = 110NO = 167 (pari al 58%), bianche 6 e nulle 5;
· CEVA Chivasso (Ex TNT Production Logistics): votanti 42Si = 3No = 39 (pari al 93%)
· GKN Firenze: no 227, sì 96, bianche o nulle 1
· MOTORI MINARELLI Bologna: aventi diritto 434, votanti 355; sì 80, no 271; bianche o nulle 2;
· FIAT Melfi: 80% no;
· FERRARI Maranello: no 845, sì 764;
· OMECA Reggio Calabria: no 154, sì 71;
· INDESIT Ancona: no 117, sì 72;
· AVIO Pomigliano: no 189, sì 180;
· Koch-Glitsch Italia Aprilia (LT): 156 aventi diritto, 100 votanti; 54 sì, 42 no, 2 bianche e 2 nulle;
· Graziano Trasmissioni Bari: 497 aventi diritto, votanti 312; 145 sì, 159 no, 4 nulle e 4 bianche;
· FINCANTIERI ANCONA: 62,9% no e 38% sì;
· FINCANTIERI Marghera: 406 sì e 493 no;
· NAVICOLOR Marghera: 14 sì e 66 no;
· Ansaldo Camozzi Nuclear esc Milano: 122 votanti su 167; 47 sì, 75 no;
· Robert Bosch Bari: 70% no, 30% sì;
· Piaggio: 3016 aventi diritto, votanti 1357 (45%); no 707 (52%), sì 631 (46%);
· KME Spa Serravalle (AL): 345 aventi diritto, 261 votanti; 78 sì, 179 no, 2 bianche e 2 nulle;
· KME Brass Italy Serravalle (AL): 159 aventi diritto, 131 votanti; 89 no, 41 sì, nulle 1;
· Bonfilgioli Bologna: 167 sì e 208
A nostro avviso, nonostante l'ennesima, pesante sconfitta subita dal cuore della classe operaia italiana, emerge da quest'ultima vertenza un segnale positivo: la percezione di una comune condizione e l’esigenza di un rafforzamento interno che sia capace di fronteggiare questi attacchi, sebbene questo sia purtroppo ancora un miraggio. L’incompatibilità tra gli interessi di classe e quelli aziendali o nazionali è uno degli elementi chiari che si evincono da questa vicenda (CCNL). Purtroppo la cultura dell’orticello è ancora lungi dall’essere superata ma pensiamo che ci sia una reale possibilità e, al tempo stesso, una necessità crescente di lavorare nella maniera più unitaria possibile, rompendo con la logica dei gruppetti e degli spazi da occupare. L'avvicinamento a posizioni di classe dei settori più combattivi, che si pongono in questa fase non solo sul terreno sindacale ma sempre più su quello politico, deriva da un’esigenza che, se non verrà sostenuta, ci porterà sempre più indietro. Favorire il confronto tra realtà ”avanzate” e ragionare sui percorsi di lotta, lavorare per rompere l’egemonia che partiti e sindacati continuano a esercitare in funzione del mantenimento dell’attuale stato di cose, è un percorso di cui diverse realtà sembrano avvertire l'urgenza. L’unificazione delle forze che si pongono sul terreno di una reale trasformazione delle stato di cose presenti richiede, da una parte, un'analisi approfondita e oggettiva e, dall'altra, l’unità d’azione sul piano immediato che assuma come prospettiva l'emancipazione della classe dagli interessi del padronato.

15 marzo 2008

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