28.4.09

Dalle banlieue tropicali alla banlieue tout court (24/03/09)


Dalle banlieue tropicali alla banlieue tout court
Guadalupa e Martinica, una straordinaria lezione anche per l’Europa

La crisi economica internazionale che stiamo attraversando sta producendo ovunque effetti catastrofici, e il tentativo di scaricarne i costi sulle classi subalterne ha contribuito ad acutizzare le contraddizioni politiche e sociali.
I modelli che il trionfalismo neoliberista ci aveva presentato come vincenti sono stati i primi a pagare il prezzo di questo terremoto e ad andare in pezzi, come nel caso dei paesi dell’Est, a cominciare dalla Lettonia, in cui è caduto il governo dopo massicce mobilitazioni popolari che hanno dato vita a duri scontri a Riga. Ma già a dicembre la Grecia, teatro di una rivolta operaia e giovanile altamente conflittuale, ha presentato la prima risposta sociale ai contraccolpi della crisi.
A farne maggiormente le spese, del resto, sono gli anelli più deboli della catena imperialistica dell’Europa del capitale. Esempio paradigmatico ne è stato la Francia, che nei mesi scorsi, oltre a diversi scioperi di categoria (le università in particolare) e a due scioperi generali, ha vissuto una straordinaria esplosione di conflittualità nelle sue “banlieues tropicali”, in Guadalupa, Martinica e Riunione.

In Guadalupa, l’isola che ha inaugurato la stagione di proteste nei territori d’Oltremare, è stato l’aumento del carovita e, nello specifico, l’aumento dei prezzi del carburante a catalizzare il malcontento della popolazione e innescare lo sciopero cominciato il 20 gennaio. L’innalzamento dei prezzi è stata la scintilla che ha infiammato una situazione di per sé già esplosiva: una società con un elevato tasso di disoccupazione (23%, contro l’8% della Francia metropolitana), estremamente precarizzata e dilaniata da una plurisecolare dominazione razziale di retaggio coloniale.
L’LKP, il collettivo contro lo sfruttamento che ha guidato la mobilitazione per sette settimane di sciopero a oltranza, è nato dalla convergenza di diverse realtà politiche, sindacali e associative che, mettendo da parte le divisioni precedenti, hanno dato vita a un fronte unico di lotta contro Medef e governo francese.
Per un verso si è trattato di una risposta nuova. Nuova perché lo sciopero ha rotto la logica disastrosa e demoralizzante con cui le confederazioni sindacali francesi avevano gestito i conflitti degli ultimi 25 anni, anche in quei casi in cui vi erano le condizioni per sconfiggere il governo e i padroni. Nel caso della Guadalupa e della Martinica, infatti, abbiamo assistito agli scioperi “francesi” più lunghi degli ultimi 20 anni.
Per un altro verso si è trattato di una risposta classica ovvero classicamente classista, che a livello strategico ha recuperato 150 anni di lezioni di lotta del movimento operaio internazionale, combinando queste esperienze con le tradizioni secolari della lotta degli schiavi delle piantagioni caraibiche e degli operai della canna da zucchero.
L’LKP e il Collettivo del 5 febbraio in Martinica hanno guidato uno sciopero generale condotto sulla base di un programma di rivendicazioni prevalentemente classiste, portato avanti con metodi radicali attraverso picchetti, assemblee generali e, per quanto riguarda alcuni settori, attraverso il controllo parziale dell’economia.

I testi che seguono ripercorrono le tappe della lotta.
La cronologia illustra la successione rapida e in ascesa del conflitto, dalle prime manifestazioni fino alle negoziazioni e alla fine dello sciopero.
L’articolo di Immanuel Wallerstein riflette sulle specificità e sul carattere “post-coloniale” di questa protesta, che è riuscita a coniugare in maniera esemplare lotta di classe e questione razziale.
L’intervista a Jean-Marie Nomertin (con Elie Domota uno dei principali portavoce dell'LKP) racconta la genesi della lotta e la costituzione del movimento, analizzandone la portata dal punto di vista della nostra classe[1].

A fronte della vittoria dell’LKP, che è riuscito a far retrocedere il governo e la Confindustria francesi ottenendo 200 euro di aumento sui salari minimi insieme ad alcuni altri provvedimenti sociali sul fronte del carovita e dell’occupazione, rimane aperta la questione se non fosse stato possibile andare oltre; in altre parole, se il movimento aveva la forza e la possibilità di superare il carattere prevalentemente economico delle rivendicazioni, per cominciare a mettere in discussione le strutture di potere economico e politico della Francia coloniale, che tuttora mantengono in piedi un sistema di dominazione e sfruttamento.
Questo obiettivo dipendeva in parte dalla volontà politica della direzione dell’LKP e, nel caso della Martinica, del Collettivo del 5 febbraio. Ma soprattutto dipendeva dalla volontà politica delle organizzazioni sindacali francesi metropolitane, che non hanno dato alcun appoggio reale a queste lotte, mantenendole isolate. In questo senso, solo l’estendersi della lotta nella metropoli avrebbe potuto consentire di conquistare molto più di ciò che è stato ottenuto.
In questo senso, non è un caso se poco prima del secondo sciopero generale, a metà marzo, la presidente del Medef (la Confindustria francese), interrogata sull'LKP della Guadalupa, «un'organizzazione gauchista molto politicizzata che ha fatto ricorso all'arma delle pressioni senza problemi», aveva reso omaggio ai «sindacati della Francia metropolitana, altrimenti costruttivi e responsabili». È in Guadalupa, una vasta “banlieue tropicale” a settemila chilometri da Parigi, che il governo ha trovato ultimamente maggior filo da torcere. Se ci riferiamo alle lotte più eclatanti di queste ultime settimane nella Francia metropolitana, nel caso degli scioperi selvaggi portati avanti al di fuori dello stretto controllo della burocrazia sindacale alle Poste, in particolare nelle periferie Ovest e Sud di Parigi, a quelle università di periferia più mobilitate, alle lotte della Continental (gomme), della Stpm (telai per auto), è nella grande banlieue di Parigi che il conflitto comincia a farsi più duro. Quel che temeva Sarkozy durante la rivolta delle banlieues del 2005 era che le esplosioni urbane potessero combinarsi con la febbre nelle università. All'epoca gli studenti sono entrati in scena sei mesi dopo, con il movimento anti-Cpe. Oggi anche i lavoratori sono in piazza. Ragione di più, per il Medef, di chiedere ai sindacati di essere responsabili. Ragione di più, per noi, di essere responsabili e di seguire l'esempio della Guadalupa anche in Italia.

Roma, 24/03/09.

[1] Ringraziamo le compagne e i compagni che hanno collaborato alla traduzione di questi testi, in particolare LC, JM e MZ.

Nessun commento: